| =33= E’ la voce di Vulcano. Il dio ritrae lentamente la gamba stesa e si alza dalla sedia. Quando il consigliere si volta vede il corpo di Efesto, ritto in piedi davanti a lui in tutta la sua piena possanza. E’ il corpo di un uomo giovane, forte e vigoroso, dalle cui fattezze viene diffuso tutto lo splendore che può emanare la bellezza perfetta di un dio; una perfezione piena e totale, smagliante, e tuttavia macchiata, resa inquietante da quell’arto informe, che sempre tornerà in ogni corpo del dio, come l’unico segno che eternamente ricordi a Vulcano la sua sorte riscattata, il suo passato maledetto di ultimo tra gli dei dell’Olimpo. Prende finalmente qualcosa dal letto e se la avvolge attorno ai fianchi per coprirsi. Poi con calma: “Barlon..” pronuncia di nuovo quel nome, scandendo stavolta ogni suono come se volesse imprimerlo lettera per lettera in una lastra di metallo, a segno di eterna ignominia: “..l’idea di mandare il ragazzo laggiù?” continua laconico con un falso tono interrogativo. “Mia, signore, lo so..” si affretta a rispondere l’altro; china il capo un istante per poi sollevarlo di nuovo con fierezza. I tratti di quel volto pallido rivelano adesso tutta la sua tensione, ma i suoi occhi, infossati nell’ombra, restano inanimati: “..molto rischiosa” conclude cercando di reprimere il timore che anche nella sua anima vuota viene suscitato dal pensiero dell’ira di un dio. Quelle parole remissive e quell’atteggiamento intimidito paiono appagare Vulcano, e anche la donna sul letto accoglie con gusto quell’ombra di terrore. “Trovalo!” è il comando che l’uomo riceve in risposta, e nella cenere degli occhi di Vulcano vede ardere la luce sanguigna della minaccia: “..ritengo tua ogni responsabilità.” La giovane continua ad osservare in silenzio. Forse il suono terribile delle parole di Efesto, non urlate ma piene di sovrumana potenza, ha scosso anche la donna addormentata che spalanca gli occhi impaurita e, alla vista di uno sconosciuto nella stanza, ritrae le gambe e si accascia nell’angolo del letto più vicino al muro, coprendo la propria nudità col lenzuolo. “Sì” risponde seccamente l’uomo che è stato chiamato Barlon, “domando scusa” sussurra da ultimo prima di uscire in fretta, riferendosi forse al disturbo arrecato nella stanza del padrone, o forse all’idea infausta che fu lui a suggerirgli, l’idea di lasciare una spia nei pressi della casa di Mu; più probabilmente riferendosi timidamente a entrambe le cose. Uscito il consigliere, Vulcano abbandona il contegno inattaccabile di poco prima, la fortezza eretta davanti a Barlon attorno alle proprie preoccupazioni rovina su se stessa: con aria stanca il dio si appoggia al desco accostato al muro e lascia vagare uno sguardo irrequieto da un angolo all’altro del pavimento. Di nuovo la donna vede nel volto del suo dio quell’ombra di debolezza, di umanità, che aveva afferrato poco prima, e che la intenerisce e intimidisce insieme. Allora si inginocchia sul letto e cerca con gli occhi il volto inquieto di lui. Egli a sua volta avverte quello sguardo su di sé e sollevando il viso, sfiora col suo quelle spalle brune. L’altra, ferma in un angolo del letto, non accenna a muoversi, forse per non farsi notare a mala pena respira, e i suoi occhi incastonati nelle ciglia scure restano serrati e immobili. Appoggiandosi sulla sponda la donna di colore si decide ad allungare braccio e sfiora con la sua la mano di Efesto. Lui si lascia afferrare e le si avvicina. Traendolo a sé lei cerca un bacio; Vulcano la lascia fare, ma quando sente il calore di quella bocca contro la sua non può che rispondere con la stessa intensità. Le si siede accanto, muovendosi con un gesto che sarebbe semplicissimo, ma che risulta goffo per il suo fisico menomato. Lei sorride, quasi soddisfatta di averlo di nuovo lì accanto, e strappa anche a lui uno sguardo complice: “quell’uomo mi dà i brividi” gli ammicca a voce bassa, ingenuamente, e poi sorride di nuovo; “brividi” non è una parola che Vulcano si sente dire spesso. La fiamma ormai tenue e placida degli occhi di lui si posa triste sul bel viso che ha di fronte. Lei allora lo bacia di nuovo, con passione, e in quel bacio sente tutto il calore di cui è padrone il dio supremo del fuoco: una fiamma viva che la invade e che le entra nell’anima, andando a scuotere ogni angolo del suo corpo. La mano di lui le si posa su un fianco, subito sotto il seno, e accarezza morbida la sua pelle scura: “Semele..” la invoca in un sussurro prima di baciarla di nuovo, poi le lascia sciogliere il lenzuolo che per coprirsi si era annodato alla vita poco prima.
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